
Tutto è merce, anche Buddha
Le reliquie del Buddha storico, considerate sacre, dovevano essere vendute all'asta. L'India bloccò la vendita e si emancipò ulteriormente dal suo passato coloniale.
Tutto era pronto. Gli oggetti preziosi erano già arrivati ad Hong Kong, il catalogo già pubblicato e il 6 maggio la casa d’aste inglese Sotheby’s si apprestava a battere sotto il martello per milioni di dollari niente di meno che le reliquie di Buddha Shakyamuni, principe Siddharta. Il Buddha storico, della tribù dei Shakya, fondatore di una delle grandi religioni dell’Eurasia. All’ultimo momento, il governo Indiano tramite il ministero degli esteri e il consolato generale a Hong Kong ha esercitato una forte pressione su Sotheby’s che, per evitare un danno di immagine senza precedenti, ha dovuto sospendere la vendita. Il sacro non è commerciabile.
Cercare di vendere i resti di Buddha è stato forse l’ultimo atto del defunto impero mercantile britannico. Un impero che nacque dalla Compagnia delle Indie, società commerciale senza scrupoli, anticipatrice del capitalismo moderno, che riuscì a soggiogare l’India a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. L’India prima era un paese ricchissimo, l’eldorado di tutti i viaggiatori europei.
La ricchezza si ridotta
Nel ‘600 al tempo dell’impero Moghul deteneva il 30% della ricchezza mondiale, dopo la dominazione britannica, nel XX secolo, la quota si era ridotta al 3%. La compagnia delle Indie arrivò a deindustrializzare il paese e a distruggere la sua pregiata e fiorente manifattura tessile costringendo l’India a importare tessuto industriale prodotto dai telai industriali di Manchester. Nel Bengala ancora adesso, si racconta che i colonizzatori arrivarono a far tagliare i pollici delle dita dei tessitori per boicottare il lavoro al telaio. Non è un caso che Il fondatore dell'India moderna, il Mahatma Gandhi, promuovesse la produzione domestica dell’arte tessile e si facesse spesso fotografare al lavoro al telaio.
La brutalità del capitalismo della compagnia delle Indie fu tale da suscitare la rivolta del 1857, ”The Great Mutiny”, che portò all’assunzione diretta da parte della corona britannica della responsabilità di gestire l’immenso paese. L’India sta ora riprendendo coscienza del suo legittimo posto nel mondo ed è intervenuta per bloccare la vendita e reclamare indietro quello che è suo patrimonio. E’ curioso che la clamorosa notizia abbia avuto poco risalto sulla stampa occidentale.

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